Un baritono poliedrico - Sito ufficiale di Giuseppe De Luca

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Un baritono poliedrico

Repertorio

Foto con autografo di Fiodor Chaliapin, nella foto De Luca con il celebre basso Russo nel Don Chisciotte di J. Massenet al Met di new York nella stagione 1926/1927

In questi giorni di ottobre 2004, mentre ero intento alla stesura del presente sito, mi è giunta la triste notizia della scomparsa di Rodolfo Celletti, celebre critico e grande esperto di voci.
Tra i vari documenti che stavo esaminando per la realizzazione del sito, mi è capitato tra le mani un lungo scritto di Rodolfo Celletti dedicato a Giuseppe De Luca uno scritto dell'eminente critico Eugenio Gara e un articolo di Giacomo Lauri-Volpi, scritto in occasione del decimo anniversario della scomparsa del suo illustre collega nel 1960. In questa pagina riporto uno stralcio di quanto scriveva Rodolfo Celletti e quanto scriveva Eugenio Gara, mentre, prossimamente dedicherò una pagina all'articolo di Giacomo Lauri

Giuseppe De Luca e Beniamino Gigli a Budapest dove hanno cantato nella stessa stagione nel 1933


di Rodolfo Celletti
Quella di Giuseppe De  Luca era una voce di colorito chiara, emessa con estrema naturalezza e suprema accortezza. Difficile, anche attraverso i dischi, nella storia dell'arte vocale degli ultimi cinquant'anni, difficile trovarne una altrettanto sollecita e zelante nell'obbedire al minimo stimolo del fiato. Suoni tondi, limpidi, vibranti dai bassi agli acuti, tutti fusi nel disegno melodico con stupenda omogeneità, intonazione perfetta, sapienti gradazioni di volume e di riflessi. L'arte delle legature, così difficile ad essere esercitata, dopo Rossini, Bellini, Donizetti, trovò in De Luca il cantante capace di applicarla con garbo sopraffino a tutti i testi successivi, per infuocata e procellosa che ne fosse la scrittura. La formula? Musicalità avant tout. Musicalità nei recitativi, nel declamato, <nell'aria delle rose> e nel ghigno di Barnaba, negli sproloqui del vecchio Gérmont e negli spasimi di Rodrigo morente.
Chi ha qualche pratica di come vandano le cose quando è in scena un cantante di stile, ci attenderà, probabilmente, al varco della conclusione rituale in simili casi: magnifico vocalista, ma freddo, esecutore perfetto, ma accademico. NO, per De Luca occorre mutar finale. E' vero, De Luca tendeva a liricizzare tutti i suoi ruoli. Ben precisi erano i suoi limiti impostigli dalla natura né egli, che impostò sempre il proprio metodo sulla eliminazione di qualsiasi sforzo e potè così dare concerti fino a settant'anni, sia pure con la voce ridotta a un filo, era il tipo da avventurarsi oltre quei confini.
Ma come <lirico> fu un temperamento di grandi risorse, un cantante poetico, patetico, sensibilissimo. La nitidezza della dizione, spesso latente nelle voci gravi, che tendono ad arrotondare e scurire le vocali, dava, al suo modo di fraseggiare e di declamare, lucidezza e intensità d'espressione: la costante rinuncia sia alle esibizioni atletiche che ai geroglifici virtuosistici (immagino che, inizialmente, dovette costargli fatica reprimere la tentazione di imitare Battistini) tolse al suo canto ogni parvenza di miracolismo, ma lo rese umano e profondo. Come tutto ciò che è semplice

di Eugenio Gara
Ricordo con grande commozione questo Maestro del bel canto, il cui nome ha il potere di rievocare in me l'aureo periodo del Teatro lirico.
Alle qualità tecniche (emissione facilissima, intonazione perfetta, eguaglianza dei registri, nitidezza impareggiabile di dizione) egli unisce un senso della musicalità ed un arte del fraseggio, veramente eccezionali. L'olimpica serenità del suo canto e la signorile perfezione del suo stile di attore di alta classe, gli hanno permesso di mantenere intatte per 50 anni le sue doti artistiche e hanno fatto di lui un insostituibile Maestro della scena e una grande gloria italiana nel mondo.
Come scordarti grande amico, grande consolatore, grande artista? Tu implori per te e per noi salvezza, quella salvezza che solo si trova nel mondo dello spirito e del perenne ricordo delle cose belle e buone. E il nostro spirito affranto ed anelante ritrova dolcezza e conforto nel tuo dolente e supremo richiamo. Il richiamo che desta l'eco profonda delle cose che non morranno.
Ascoltiamolo in silenzio con amore, con gratitudine

 
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