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Segue: Lui sì, era la voce
New York 2/11/1928: “ Maria mia, oggi 2 novembre giorno sacro ai defunti, ai dolci e mesti ricordi e anche, per me, agli amarissimi. Tu sai che avevo appena sette anni quando mio padre morì nel carcere tetro di Genzano per l'iniquità sfacciata degli uomini. L'assistetti fino all'ultimo momento come una persona grande ed ebbi, da allora in poi, la sensazione esatta che la vita non è una festa ma una tragica lotta”
Condannato ingiustamente per una futile vertenza daziaria, come poi ampiamente dimostrato, il padre di Lauri Volpi lasciava solo un fanciullo che aveva già perso la mamma. Nella mente e nel cuore della piccola creatura avvenne certamente un trauma che determinò la formazione di quel carattere che ha sempre accompagnato Lauri Volpi per tutta la vita, creando il caso dell'«antipatico per antonomasia», come Lauri Volpi stesso si definisce nel suo scritto «Elogio dell' antipatia». Di questo dovrebbero tener conto certi critici e musicologi, pochi per la verità, che invece di esaminare la voce del «tenore assoluto» (da «Manon» a «Otello» passando per «Guglielmo Tell»), preferiscono parlare del Lauri Volpi scandalistico, allineandosi agli umoristi degli anni '30 che si sbizarrivano sul caso Lauri Volpi con le vignette del Marc'Aurelio.
New York - 4/12/1928: «Maria mia, questa sera canto a Filadelfia 'Rigoletto” con De Luca e Galli Curci. La Bori ha cantato “Traviata” con Gigli e De Luca. De Luca ha trionfato sui due eclissandoli totalmente. La valenciana, vestita meravigliosamente, stava nervosissima e chiedeva I 'indulgenza del pubblico a mani giunte».
Si tratta dell'innovazione di Lauri Volpi relativa alla nota mai inclusa prima da alcun tenore nel tremendo terzetto del primo atto di «Trovatore» e che divenne poi consuetudine per i tenori che erano in grado di emetterla (lo stesso fece Lauri Volpi, d'accordo con Serafin, anche per la corona del "si naturale" conclusivo del «Nessun dorma»). La Ponselle preferì tacere e il giorno seguente la stampa americana s'impadronì dell'episodio con grande clamore.
New York - 18/12/1928: «Mariella mia bella, il 20 gennaio canterò un concerto colla 'Radio Corporation “. Mi udranno dieci milioni di persone solamente negli Stati Uniti. Il programma è il seguente... Come vedi canterò anche in inglese in omaggio al pubblico americano”.
Siamo nel 1928 e la televisione avrà bisogno di attendere ancora 25 anni prima di essere vista, ma un indice di ascolto così non credo lo avesse neppure “Lascia o raddoppia” per la cui visione nelle sale cinematografiche veniva interrotta la proiezione del film in programma.
New York - 23/1/1929: «Amore santo, sono ritornato in albergo dal Metropolitan dove ho cantato con esito magnifico la première di “Rigoletto”. Sono lieto di questo successo perché il “Rigoletto” è sempre la pietra di paragone e il termometro, per così dire, della mia voce. Cantando bene un'opera di codesto genere, posso rinfrancarmi nella sicurezza che le facoltà permangono integre».
Giacomo Lauri Volpi in un ritratto del pittore Cecilio Sanchez Robies che lo raffigura nelle vesti del Duca di Mantova nel "Rigoletto"
Lauri Volpi ha sempre definito il "Rigoletto” «l'opera della mia fortuna» e lo ha tenuto in repertorio, pur essendosi evoluto da tenore lirico-leggero a lirico-spinto e infine eroico-drammatico, per di più di 30 anni, dal 1919 al 1950, per non parlare de “La donna è mobile” eseguita al Teatro Real di Madrid, con relativa cadenza e do diesis sopracuto, alla tenera età di 85 anni.
New York - 29/1/1929: «Adorata Maria mia,....D'altro lato migliore occasione per fare i dischi con la Victor non potevo avere. Ho inciso di nuovo “Gli Ugonotti” che dovrebbero accoppiarsi con “I Puritani".
Dopo otto prove fallite per colpa della viola d'amore, sembra che il disco sia venuto buono; oggi l'ho sentito e mi ha fatto ottima impressione, data la grande difficoltà della romanza. Ho inciso anche “Lo Schiavo” venuto magnifico. Durante Febbraio inciderò due duetti e un terzetto di “Aida” colla Rethberg e De Luca».
Sorprendente per l'epoca la ripetizione per Otto volte di “Bianca al par di neve” causa le difficoltà della viola. 44 anni dopo, ad 81 anni, Lauri Volpi avrebbe registrato il suo ultimo microsolco, «Ei milagro de una voz”, recandosi negli studi di una casa discografica ed eseguendo tutti di fila, senza intoppi, senza pause e senza ripetizioni, undici brani fra i quali spiccano quelli del più impervio repertorio lirico ottocentesco: quelli nei quali la scalata al do e al re naturale sono di ordinaria amministrazione.
New York - 4/4/1929: «Maria mia adorata, qui sono avvenute cose importanti. Toscanini che si trova a dirigere a New York ha voluto riconciliarsi con me ed è venuto all 'Hotel pregandomi di cantargli “Rigoletto” e ''Trovatore” a Berlino colla troupe della Scala per la fine di maggio. La signora Toscanini ti ricorda e ti saluta”.
Avvenimento sensazionale in campo musicale: Toscanini, che nel 1922, durante il "Rigoletto” diretto alla Scala con Toti Dal Monte, Galeffi e Lauri Volpi, a seguito della divergenza con il tenore per la famosa cadenza, aveva pronunciato la frase «Quel tenore non canterà mai più sotto la mia direzione», sette anni dopo faceva ammenda e veniva a chiedergli di cantare per la Scala a Berlino. La tournée fu un trionfo, in particolare per Lauri Volpi. I giornali che per il “Rigoletto” avevano iniziato le recensioni con il nome di Toscanini, seguito da quello di Lauri Volpi, dopo il “Trovatore” misero in testa Manrico. Altre opere in cartellone erano “Falstaff”,”Lucia", “Manon Lescaut” e “Aida”. A proposito di quest'ultima, Guglielmo Barblan nel volume "Toscanini e la Scala” scrive:
«...... Delusero invece, anche se più o meno apertamente la stampa lo dichiari fra le righe, i cantanti. Qualcuno si chiese (e potremmo chiedercelo anche noi) perché, avendo a Berlino uno smagliante Lauri Volpi, fu affidato a Pertile il ruolo di Radames».
Vorrei chiudere con le parole che Teodoro Celli scrisse sul Messaggero» di Roma il giorno dopo la morte di Lauri Volpi sotto il titolo a sette colonne: «Lui sì, era la Voce»: «Chi non ha sentito gli acuti di Lauri Volpi non conosce l'accento delle trombe celesti. Toccava il re naturale dei “Puritani” con una facilità da arcangelo vendicatore e fraseggiava come un grande violoncellista e al momento giusto raffrenava gli impeti in una mezzavoce di paradiso. Con lui il melodramma romantico tornava ad essere ciò che fu: l'irreale fiaba in musica».
Silvio Serbandini
Giacomo Lauri Volpi e la moglie Maria Ros con il Pontefice Paolo VI al quale avrebbe poi dedicato il suo ultimo disco " El milagro de una voz " inciso a 81 anni (Castel Gandolfo-1965)
Ringrazio vivamente per la Sua cortesia, il Signor Silvio Serbandini che mi ha inviato questo articolo che scrisse in occasione del centenario della nascita di Giacomo Lauri Volpi, per la rivista "L'Opera" nel mese di luglio 1992.
Le foto le ho scelte, invece, tra quelle che Il Signor Serbandini mi ha inviato, unitamente all'articolo e ad altro materiale, appositamente per questo sito
Roberto, 12 luglio 2005